Gli infortuni, purtroppo, sono eventi frequenti nei luoghi di lavoro. Per tale ragione, occorre capire come comportarsi quando l’evento infortunistico accade e quale diritti ha l’infortunato.

Innanzitutto, l’infortunio sul luogo di lavoro ricorre ogni qual volta accade un evento nefasto durante lo svolgimento dell’attività lavorativa che comporta un danno all’integrità psico-fisica del lavoratore e dal quale può derivare la morte o l’inabilità permanente al lavoro.

I requisiti necessari per parlare di infortunio sul lavoro sono:

  • L’evento nefasto;
  • Il trauma psico-fisico del lavoratore;
  • L’ occasione di lavoro;
  • La causa violenta.

Affinché l’infortunio sia considerato tale e di conseguenza possa essere indennizzato è necessario che esso si verifichi in occasione di lavoro: l’incidente, infatti, deve essere connesso all’attività svolta dal lavoratore. Ne consegue che non rientrano nella tutela degli infortuni tutti gli incidenti che risultano estranei alla normale attività lavorativa e al rischio a cui è sottoposto il lavoratore.

Non è, dunque, necessario né sufficiente che l’evento si sia verificato nel luogo di lavoro e/o durante l’orario di lavoro, ma è indispensabile che si sia verificato a causa dell’attività lavorativa.

Altro elemento necessario alla qualificazione di un infortunio sul lavoro come tale è la causa violenta. Per causa violenta ci si riferisce ad una componente esterna che in maniera repentina e intensa mina l’integrità psico-fisica del lavoratore in un breve arco temporale.

La rapidità della causa violenta è proprio l’elemento discriminante tra infortuni e malattie professionali, in quanto queste ultime non sono causate da un evento repentino, ma sono originate da una causa lenta.

Tutto ciò che, invece, è estraneo all’attività lavorativa e che riguarda una scelta arbitraria del lavoratore rientra nel cosiddetto rischio elettivo, che esclude in ogni caso l’indennizzo.

Esso si verifica in tutti i casi in cui il lavoratore, sulla base di propri comportamenti, ponga in essere una condotta interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento. Tra i casi di rischio elettivo, ad esempio, la Cassazione[1]  annovera l’evento accaduto ad un Vigile del Fuoco, il quale, durante un corso di perfezionamento antincendio, presso la Sede del Corpo permanente dei Vigili del Fuoco, cadeva nel vano per il “discensore” per la curiosità di vedere cosa vi fosse, riportando lesioni.

La tutela contro gli infortuni è gestita nella quasi totalità dei casi dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL). L’INAIL ha acquisito anche tutte le funzioni in precedenza svolte da altri Istituti previdenziali, quali IPSEMA e ISPESL.

IL DANNO BIOLOGICO

Con l’introduzione dell’art. 13 D. lgs. 38/2000 è prevista l’indennizzabilità delle menomazioni per danno biologico. In precedenza, infatti, veniva prevista soltanto l’indennizzo del danno patrimoniale.

Per danno biologico si intende la lesione dell’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di una valutazione medico-legale.

Le prestazioni per il ristoro del danno biologico vengono corrisposte in maniera indipendente rispetto alla capacità di produrre reddito del danneggiato.

COSA FARE E A CHI RIVOLGERSI NEL CASO DI INFORTUNIO SUL LAVORO

Il lavoratore vittima di infortunio sul lavoro deve rivolgersi, in prima istanza, al fine di ottenere un certificato medico che attesterà la diagnosi e il numero di giorni di inabilità temporanea al lavoro, al medico aziendale, se presente, o in alternativa al proprio medico curante, mentre nei casi più gravi è necessario che si presenti al pronto soccorso.

Il diritto alla tutela INAIL decorre dal momento in cui il datore di lavoro riceve notizia dell’infortunio da parte del lavoratore. L’art. 52 del T.U. prevede, infatti, che il lavoratore sia obbligato a dare comunicazione immediata e tempestiva del fatto al datore di lavoro, anche se si tratta di un danno di lieve entità.

L’art. 53 del T.U. prevede, inoltre, che il datore di lavoro abbia l’obbligo di comunicare l’infortunio all’INAIL entro due giorni dal momento in cui è venuto a conoscenza del fatto, inviando allo stesso tempo il certificato medico del lavoratore. Lo stesso art. 53 T.U. prevede, altresì, che nel modulo vadano specificati oltre che i riferimenti del certificato medico, anche le generalità dell’operaio, il giorno e l’ora dell’infortunio, le cause e le circostanze, la natura e la precisa sede anatomica della lesione, il rapporto con le cause denunciate e le eventuali cause preesistenti, le ore lavorative e il salario percepito dal lavoratore assicurato nei 15 giorni antecedenti all’infortunio.

Se il datore di lavoro non provvede all’obbligo di comunicazione, il lavoratore può rivolgersi all’INAIL con il certificato medico dell’infortunio.

Per quanto riguarda i termini entro i quali il datore di lavoro deve effettuare la comunicazione dell’infortunio, è stabilito che egli abbia 48 ore di tempo dal momento in cui ha ricevuto comunicazione del fatto nel caso in cui la prognosi del lavoratore sia superiore a 3 giorni. Nei casi più gravi, ovvero nei casi di morte o pericolo di morte del lavoratore i termini per la comunicazione si dimezzano a 24 ore. Nel caso in cui il datore di lavoro ottemperi in ritardo ai propri obblighi di comunicazione, l’art. 53 T.U. prevede nei suoi confronti l’applicazione di un illecito amministrativo punibile con sanzione.

Pervenuta la denuncia di infortunio e malattia professionale, L’INAIL provvederà a gestire l’infortunio, valutando la necessità di sottoporre il Lavoratore a visite specialistiche e piani terapeutici fino alla stabilizzazione del danno infortunistico.

Al termine del periodo di inabilità temporanea concessa, sottoporrà l’infortunato ad una una visita medico legale per stabilire l’eventuale danno biologico residuo.

INFORTUNIO SUL LAVORO E INDENNITA’ INAIL

Il periodo di inabilità temporanea al lavoro che comporta l’incapacità dell’infortunato di svolgere l’attività lavorativa per più di tre giorni, viene indennizzato dall’INAIL con una diaria giornaliera, calcolata sulla base della retribuzione del lavoratore:

  • Il 60% della retribuzione media fino al 90° giorno;
  • Il 75% della retribuzione media dal 91° giorno, fino alla guarigione clinica.

Questa indennità viene corrisposta al lavoratore a partire dal quarto giorno successivo alla data dell’infortunio e consente di svolgere la funzione di copertura delle spese sanitarie, oltre che a fungere da trattamento retributivo al lavoratore assente dal lavoro per infortunio.

Per quanto riguarda la giornata nella quale è avvenuto l’infortunio, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore infortunato l’intera retribuzione relativa alla giornata. Per i successivi tre giorni dovrà corrispondere al lavoratore il 60% della retribuzione giornaliera, salvo il trattamento di maggior favore previsto dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.

INFORTUNIO E INABILITA’ PERMANENTE

Per tutti gli infortuni verificatisi dopo il 25 luglio 2000 che abbiano comportato al lavoratore una inabilità permanente sono previste tutele differenti.

Infatti, nel caso in cui il lavoratore infortunato riporti menomazioni di grado inferiore al 6%, l’INAIL non corrisponderà alcun indennizzo.

Nel caso, invece, di infortunati che riportino menomazioni che vanno dal 6% al 15% l’INAIL corrisponderà un indennizzo in capitale.

L’INAIL corrisponderà all’infortunato un indennizzo in rendita, invece,nel caso in cui i postumi ai quali è sottoposto il lavoratore siano di grado compreso tra il 16% e il 100%. In questi casi la rendita è costituita da una quota di indennizzo del danno biologico e da una quota di indennizzo per le conseguenze patrimoniali della menomazione, con riferimento alla retribuzione.

INFORTUNIO IN ITINERE

Secondo quanto disposto dall’art. 12 D.lgs. n.38 del 23 febbraio 2000, si parla di infortunio in itinere allorquando l’evento nefasto si verifica durante il normale percorso che il lavoratore svolge nelle seguenti occasioni:

  • Per spostarsi dal luogo della sua abitazione a quello del lavoro e viceversa;
  • Per dirigersi da un luogo di lavoro ad un altro luogo, nel caso in cui il lavoratore sia impegnato in diversi rapporti lavorativi;
  • Negli spostamenti dal luogo di lavoro al luogo di consumazione dei pasti, in assenza di una mensa aziendale;
  • Nel caso di utilizzo del mezzo proprio, purché necessitato.

La tutela in caso di infortunio è subordinata alla percorrenza da parte del lavoratore del “normale percorso”, ovvero al percorso più breve e diretto che il lavoratore possa compiere durante i propri spostamenti.

Può in alcuni casi essere, però, considerato “normale percorso” anche il percorso che non sia il più breve, ma che risulti essere quello più sicuro sulla base delle condizioni climatiche o delle condizioni personali del lavoratore (ad es. lavoratrice in gravidanza).

Ne consegue che non sono sottoposte a tutela le deviazioni e le interruzioni del percorso che risultino indipendenti dal lavoro e che non siano giustificate da forza maggiore, esigenze essenziali e improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti.

Sono esclusi dalla tutela, inoltre, tutti gli infortuni che si verifichino nell’abitazione del lavoratore che si accinge ad uscire o a rientrare per recarsi sul luogo di lavoro, nelle pertinenze e nelle parti condominiali (ad es. lavoratore che scivola dalle scale mentre si reca al lavoro).

Come accennato sopra, l’utilizzo del mezzo di trasporto privato deve essere effettivamente necessitato affinché possa esservi una tutela nei confronti del lavoratore. Infatti, il mezzo pubblico è considerato lo strumento normale per la mobilità delle persone e che comporta allo stesso tempo il minore rischio di incidenti negli spostamenti del lavoratore. L’utilizzo del mezzo privato è, dunque, necessitato solo nei casi in cui non sia possibile l’utilizzo dei mezzi pubblici per assenza o inadeguatezza degli stessi.

La tutela è, invece, prevista nel caso in cui il lavoratore svolga il suo tragitto di lavoro a piedi o in bicicletta, purché l’intero percorso venga svolto su pista ciclabile. La medesima tutela riservate alle biciclette è applicata anche ai monopattini, se gli stessi rientrano nei limiti dei 20 km/h ed hanno una potenza massima di 500W. Ci si riferisce, però, ai soli monopattini tradizionali (a due ruote in sequenza), mentre rimangono esclusi gli hover-board (a due ruote parallele), i segway e monowheels (ad una sola ruota).

Se durante il tragitto il lavoratore svolge azioni in violazione del Codice stradale, la tutela indennitaria è automaticamente esclusa.

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[1] Cassazione civile, sez. lav., 04/07/2007, n. 15047: